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UN POEMA EPICO CONTEMPORANEO DI DANIELE VIRGILLITO

elaborazione teatrale di

FABIO PISANO

uno spettacolo di

STEFANO AMATUCCI

con

LORENZO SARCINELLI

VLADIMIR RANDAZZO

GIANLUCA PUGLIESE

ANTONIO CIORFITO

musiche di

VITO RANUCCI

 

Il viaggio di Nabil di Daniele Virgillito, è stato un bestseller digitale, alla sua uscita ha superato nella classifica Amazon, in copie vendute, le opere di Omero, Dante ed altri poeti di fama mondiale. Ora diventa uno spettacolo teatrale. L’opera narra del viaggio intrapreso da Nabil, giovane traduttore egiziano, su un barcone clandestino diretto in Sicilia. Nabil vuole ritrovare Yara, la sua ragazza, scomparsa in circostanze misteriose. Nel barcone, guidato da uno scafista senza scrupoli, Nabil verrà a contatto con numerose storie di profughi.

 

NOTE DI REGIA

Quello che mi è piaciuto del testo di Virgillito è il modo originale con cui affronta la questione dell’immigrazione: è un poemetto in versi, molto bello, capace di dare epicità ad un racconto estremamente contemporaneo e questo contrasto lo trovo estremamente teatrale e interessante. Mi piace definirlo una “piccola Odissea contemporanea”: come Ulisse navigò affrontando mille difficoltà per ricongiungersi alla sua amata Penelope, così il giovane Nabil, affronta mille difficoltà per ritrovare la sua Yara. Nabil sfida la sorte non solo per sopravvivere ma soprattutto per non smettere di sognare, di credere nei propri sogni, seguendo oltre ogni paura i propri slanci d'amore, perché è esso, col nome di Yara, che farà da stella polare nelle notti gelide del mediterraneo. Lo spettacolo sta avendo grande successo tra i giovani, questo mi fa molto piacere perché è da loro che bisogna ripartire per ri-costruire  un mondo senza guerre di razza, senza muri ideologici e religiosi, con porti, menti, cuori e braccia aperte. Abbattere pregiudizi, razzismi e xenofobie. Non dobbiamo dimenticare le idee illuministiche e progressiste che abbiamo conquistato con fatica nei secoli e che sono state e sono le fondamenta della nostra democrazia e civiltà.

 

Per la messa in scena, ho immaginato uno spazio vuoto, il mare, al centro del quale una pedana con un forte declivio che ricorda le piccole imbarcazioni in balia delle onde nell’immenso Mediterraneo. Le luci sono a vista. La difficoltà, per gli attori, di recitare su una pedana con una pendenza così importante, li costringe ad uno sforzo fisico non irrilevante e ne risalta la fatica nel muoversi e la difficoltà di ritrovare il giusto equilibrio. I personaggi  sono sempre in bilico, così come sono le esistenze degli immigrati in caso loro, sul mare nei barconi e nei paesi in cui vengono ospitati, quando non sono lasciati giorni e giorni in mezzo  al mare.

Stefano Amatucci.

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